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venerdì 28 ottobre 2011

Funerali di Simoncelli Omelia Del Vescovo Di Rimini Francesco Lambiasi 27-10-2011



Funerale Simoncelli Il Testo Completo Dell'omelia Del Vescovo Lambiasi

Il testo integrale dell'omelia pronunciata dal vescovo di Rimini, monsignor Francesco Lambiasi, per il funerale di Marco Simoncelli a Coriano:

Coriano | 27 Ottobre 2011

Vorrei accostarmi al vostro dolore, carissimi papà Paolo e mamma Rossella, carissime Martina e Kate, e vorrei farlo con tutta la tenerezza che voi meritate e con la delicatezza di cui sono capace. Chi vi parla, non ha vissuto il dolore lacerante che vi brucia in cuore, ma permettetemi di venire a voi con l'abbraccio di tutti, con la preghiera di molti.
Vi confesso che, per il groviglio dei sentimenti che mi si mescolano in cuore, ho fatto fatica a trovare le parole più giuste per questo momento. Fatemi ridire allora le parole del nostro piccolo, grande Don Oreste Benzi. Il giorno che morì, il 2 novembre di quattro anni fa, di fronte alla sua salma appena composta, trovammo scritte sul suo libretto "Pane quotidiano", questo pensiero profetico: "Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa vita, li apro all'infinito di Dio".
Carissimi fratelli e amici, fate sottoscrivere anche a me le parole di papà Paolo: "Dio trapianta in cielo i fiori più belli per non farli appassire". Passatemi un pennarello per far firmare anche a me lo striscione dei tantissimi amici: "Marco, ora insegna agli angeli ad impennare". Fatemi riascoltare le parole che abbiamo ritrovato sul libro del nostro PuntoGiovane di Riccione, dove quando aveva 18 anni, Marco aveva partecipato a una settimana di convivenza con i suoi compagni di liceo: Durante quei giorni aveva scritto: "Sono stato il "folletto" (così si chiama il ragazzo che prega per un altro durante la convivenza) più scandaloso che la storia ricordi. Non ti prometto che pregherò per te in futuro, perché sicuramente me ne dimenticherei. Però, lo farò questa sera, prima di andare a letto e cercherò di fare in modo che la mia preghiera valga anche per tutte le volte che non la dirò". Una compagna di classe gli aveva scritto: "Quando ho scoperto che saresti stato tu il mio "protetto" sono stata contenta: tu, a differenza di molti altri, sei uno che non pretende dagli altri".
Personalmente ho incontrato Marco una volta sola, qualche mese fa, alla cresima della sorella Martina, ma ora che ho scoperto la sua schiettezza e la sua bontà, mi viene un rimpianto: quello di non aver provato a diventargli amico. Sono sicuro che con un amico così schietto e generoso, avrei potuto discutere e anche litigare. senza temere di spezzare l'amicizia.

Ma ora permettetemi che mi senta percuotere anch'io il cuore da quella domanda inesorabile: perché Marco si è schiantato domenica scorsa alle 9,55 sull'asfalto dell'autodromo di Sepang? Sorelle, fratelli, amici, io non posso cavarmela ora con risposte confezionate, reperibili sulla bancarella delle formule pronte per l'uso. Sì, alle volte noi credenti pensiamo di svignarcela con l'allusione enigmatica a una indecifrabile volontà di Dio. "E' la volontà di Dio", ci ripetiamo, instancabili, e non ci rendiamo conto che, sbandierando parole senza cuore, rischiamo di far bestemmiare il suo santo nome. Il mio animo si ribella all'idea volgare di un Dio che si autodenomina "amante della vita", che mi si rivela come il Dio che "ha creato l'uomo per l'immortalità" (Sap 2,23") e poi si apposta dietro la curva per sorprendermi con un colpo gobbo o una vile rappresaglia. Permettetemi di ridire sottovoce a me e a voi qual'è questa volontà di Dio con le parole che suo Figlio un giorno ha pronunciato sotto i cieli lucenti della Palestina, mentre a Rimini si costruiva il ponte di Tiberio: "Questa è la volontà di colui che mi ha mandato. Che io non perda nulla di quanto mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno" (Gv 6,39).
Datemi un po' del vostro coraggio e aiutatemi ad abbinare a quello di Marco, il nome dolcissimo del mio Maestro e di ogni cristiano. Voi lo conoscete: il suo nome non è di quelli che condannano a morte, lui si chiama Gesù, che significa "Dio-Salva". Dove stava allora Gesù in quell'istante fatale in cui il corpo di Marco ha cessato di vivere? Stava lì, pronto per impedire che Marco cadesse nel baratro del niente e per dargli un passaggio alla volta del cielo. Sì, Gesù è il nome del Figlio di Dio che ha preferito te, come ognuno di noi, tra la sterminata folla degli esseri lasciati nell'abisso del nulla. Gesù è il nome del Figlio di Dio, mandato dal Padre come inviato speciale sulla terra, non a fare prediche sul dolore e sulla morte, ma a condividere la nostra fragilità. E' il nome del Figlio di Dio che si è lasciato inchiodare su una croce per stringerci tutti nel suo abbraccio e ci ha dato il segno più grande dell'amore: dare la vita per i fratelli. Sì, non è venuto a spiegarci il dolore né a salvarci dal dolore, ma ci ha salvati nel dolore e lo ha fatto con il suo sangue. Gesù è' il nome del Figlio di Dio che ci ha amati con l'amore più grande e ha definitivamente sconfitto la morte con la sua risurrezione e perciò è sempre pronto là quando infiliamo il tunnel della morte per afferrarci e portarci a godere la gioia senza più se e senza più ma. Gesù, che registra sul suo diario perfino un bicchiere d'acqua fresca dato con amore, stava lì a dirgli: Grazie , Marco per tutte le volte che mi hai abbracciato nei fratellini disabili della Piccola Famiglia di Montetauro. Grazie, per tutte le volte che mi hai fatto divertire quando hai partecipato alla gara delle karatelle nella festa patronale della tua parrocchia. Grazie, perché tutte le volte che hai fatto queste cose ai miei fratelli più piccoli le hai fatte a me.
Ora, permettimi, caro Marco di rivolgermi direttamente a te. La sera prima della gara hai detto che desideravi vincere il gran premio per salire sul podio più alto. A noi ora piacerebbe vederti, ma siamo contenti che tu ci possa inquadrare dal podio più alto di tutti. Lasciaci dire una ultima semplicissima parola: Addio, Marco. E' una parola spezzata dal dolore, ricomposta dalla speranza: a-Dio!

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Grande

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